panchina aLESSANDRO LEOGRANDE - MILENA FRAGETTA
(LUNGOMARE, PASSEGGIATA ALESSANDRO LEOGRANDE)

L'ARTISTA

MILENA FRAGETTA

Nasce a Eboli, in provincia di Salerno, ma vive stabilmente a Taranto dal 2018. Ha frequentato il Liceo artistico “Carlo Levi” di Eboli e successivamente il corso di Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli. Segue diversi corsi di specializzazione in Calcografia, Ceramica, Fotografia, Grafica e ottiene l’attestato di Operatore Tatuaggio e Piercing presso il Centro Chiaia di Napoli.
Appassionata dell’arte in tutte le sue sfaccettature, predilige la tecnica dell’acquerello. Durante il suo percorso formativo e artistico ha sviluppato un forte interesse verso le tematiche di tutela ambientale e la salvaguardia del pianeta, al punto da decidere di intraprendere lo studio e la messa in pratica di percorsi artistici indirizzati ai bambini improntati sul riciclo creativo e con l’obiettivo di veicolare un messaggio di rispetto verso l’ambiente attraverso il gioco e il divertimento.


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RIFERIMENTI LETTERARI

ALESSANDRO LEOGRANDE

Nato a Taranto nel 1977, nel 1996 si trasferisce a Roma, dove si laurea in filosofia all’Università La Sapienza con una tesi sulla critica sociale di Michael Walzer. Ha scritto per giornali e riviste come Internazionale, l’Unità, Il manifesto, Panorama, il Riformista, Il Fatto Quotidiano, Una città, Nuovi Argomenti, Gli asini, La terra vista dalla luna, Pagina99, Minima&Moralia. È stato editorialista del Corriere del Mezzogiorno, curatore dell’inserto Fuoribordo per il settimanale “Pagina 99” e ha condotto trasmissioni per Radio 3 RAI e Radio Svizzera Italiana.
È morto improvvisamente a Roma il 26 novembre 2017. Il padre Stefano ne ha voluto ricordare il lavoro “in difesa degli ultimi e dei ferocemente sfruttati nei più diversi contesti: nell’ambito del caporalato, degli immigrati, dei desaparecidos in Argentina, e ovunque ci sia stato un sopruso”.
Nicola Lagioia, scrittore e direttore del Salone internazionale del libro di Torino, disse di lui dopo la sua morte: “Dobbiamo fare di tutto adesso per proseguire il lavoro che ha fatto, per provare a colmare quel vuoto”.


Di lui ci rimarranno la capacità e la voglia d’intrecciare le centinaia di relazioni al fine di scrivere i suoi articoli, le sue inchieste, cercando e conoscendo le persone giuste, quelle che non avevamo avuto l’intelligenza di riconoscere come le voci più interessanti per capire il nostro tempo e i nostri luoghi, le ultime generazioni degli operai dell’Ilva, le famiglie delle vittime del caporalato, i sindacalisti di origine straniera, i maestri imprevedibili.

Introduzione da “La leggenda del fiume Tara”

“Taranto è uno di quei luoghi apparentemente sovraesposti e iper-raccontati. Eppure questa sovraesposizione mediatica e questo iper-racconto non coprono affatto tutta la realtà narrabile. Anzi, proprio perché riducono tutte le complesse vicende che attraversano una città alla sola questione dell’Ilva, al solo disastro ambientale, finiscono per non vedere Taranto per quella che è.
Taranto è fatta innanzitutto di viscere, dettagli, frammenti come quello del fiume Tara, che nell’iper-racconto generalmente si perdono. Nell’iper-racconto quasi sempre si smarrisce quella sorta di disperata vitalità che impregna la città.

Viceversa, solo il racconto dei margini e dei frammenti permette di aprire uno squarcio e di comprendere qualcosa. Comprendere come si intersecano tra loro cose vecchie e cose nuove, ansie di cambiamento e mutazione del territorio. Comprendere come anche negli anfratti di uno scenario post-atomico, che non è più città, né campagna, e neanche industria, può sopravvivere un’isola umana legata a un’antica leggenda.”

Ascolta l’introduzione di “La leggenda del fiume Tara” letta da Ermelinda Nasuto